di Marco Dallan
08/10/2021
Come mai certe sequenze di film o video ci restano impresse o ci colpiscono particolarmente?
Sapete che cos’è l’effetto Kulešov e come mai è così importante nella cinematografia e nel mondo dei video?
Probabilmente, se non siete addetti al settore o cinefili accaniti, non conoscete questo nome anche se tutti lo “subiamo” quando ci imbattiamo in questo fenomeno, potremmo dire psicologico.
Il nome deriva dal cognome di chi per primo l’ha notato e sfruttato: il cineasta Russo Lev Kulešov.
Egli negli anni 20 fu nominato direttore della scuola nazionale di cinema Russa e lì fece qualche esperimento su un fenomeno che aveva notato e che pensava avrebbe rivoluzionato il modo di fare e fruire di questo media.
In pratica Kulešov notò che l’impatto sul pubblico che avevano una sequenza di immagini montate in un certo modo non era dato semplicemente dalla somma delle sequenze mostrate ma da come queste immagini erano montate. Ha notato che le reazioni del pubblico cambiavano sulla base di alcuni, apparentemente minimi, cambiamenti nelle sequenze.
Fece quindi il seguente esperimento: propose ad un pubblico 3 sequenze distinte.
Ogni sequenza era composta da due immagini: la prima immagine mostrava il volto di un attore in primo piano che fissa qualcosa, nella seconda, montata subito dopo, quello che stava guardando.
Nella prima sequenza il soggetto dello sguardo dell’attore era un piatto di zuppa, nella seconda il cadavere di una bambina, nella terza una donna affascinante.
Dopo la proiezione di tutte e 3 le sequenze chiese al pubblico cosa avesse visto negli occhi dell’attore, quale espressione ed emozione trasmettesse guardando i diversi soggetti.
Il pubblico si espresse così: nella prima sequenza, quella in cui l’attore fissava il piatto di minestra, la gente vi lesse la fame.
Nella seconda sequenza fissando il cadavere della bambina, l’attore, secondo il pubblico, provava tristezza.
Nell’ultima sequenza, con la donna affascinante, il pubblico lesse negli occhi dell’attore il richiamo della lussuria.
L’esperimento rivela il suo significato nel momento in cui apprendiamo che l’espressione dell’attore nelle 3 sequenze era esattamente la stessa perché si trattava letteralmente della stessa immagine.
Che cosa significa tutto questo?
Il nostro cervello fa due cose quando guarda due immagini accostate insieme:
1) cerca di stabilire una relazione tra la prima immagine e la seconda, cerca di dare un significato a quello che stiamo guardando. In assenza di stimoli esterni e ulteriori dettagli (un espressione del volto marcata, dialogo, musica, sottotitoli) attribuisce un significato a quello che stiamo guardando. Così se vediamo un uomo che fissa un piatto di zuppa, pensiamo che sia affamato e leggiamo nella sua espressione la fame; se fissa il cadavere di una bambina, beh deve essere triste, e così via.
2) cerca di riempire “i vuoti”. Significa che se le due immagini apparentemente non c’entrano nulla l’una con l’altra e non c’è una relazione diretta, il nostro cervello cerca di riempire gli spazi, cerca di creare il ponte che collega le due immagini, “inventando la storia” che c’è tra le due immagini in modo che per noi l’accostamento abbia un significato.
Ecco perché, ad esempio, quando guardiamo con un amico un film particolarmente ispirato e magari un po’ criptico, capita di uscire dal cinema con due idee diverse su quello che il film volesse dire o sul significato di qualche sequenza. Probabilmente i nostri due cervelli sono arrivati a conclusioni diverse “leggendo” le immagini che abbiamo visto.
Ed ecco spiegato perché, a volte, certe sequenze, certe immagini ci restano particolarmente impresse. Chi monta i film o video conosce molto bene questo meccanismo e fa in modo di accostare le immagini in modo da esaltare al massimo l’effetto che vuole ottenere, magari facendo coincidere con questo una particolare battuta ad effetto o il climax di una musica o un particolare effetto speciale. Tutto questo per rendere al massimo una particolare sequenza ed esaltarne l’emozione che vuole suscitare.
E sì tutto questo si applica anche e soprattutto a video aziendali, pubblicitari, di matrimonio, ovunque sia necessario veicolare le emozioni esattamente nel modo in cui vuole l’autore.
Fateci caso la prossima volta che guardate qualcosa 🙂
Marco Dallan
CalamaroVideo
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